Uno spazio per Noi
Il Setting
terapeutico
Anno Accademico 2011-2012
INDICE
Introduzione
Il Setting in terapia psicomotoria
1.
Lo spazio: la stanza di psicomotricità
2.
Il tempo: durata della seduta
3.
Il materiale in psicomotricità
4.
I ruoli e le regole
Il Setting come luogo di incontro
Un Setting molto particolare: la
stanza Snoezelen
Conclusione
Bibliografia e sitografia
Introduzione
La scelta di trattare questo argomento deriva dall’esperienza
del tirocinio e dalla comprensione pratica di come il Setting sia fondamentale,
al fine di raggiungere l’obiettivo della Terapia Psicomotoria. L’esperienza
diretta mi ha permesso di analizzare con più precisione la stanza di terapia,
non solo nella sua disposizione finale, ma in ogni fase di costruzione e
preparazione. La cura, il tempo e il pensiero che sta dietro la distribuzione
di ogni oggetto assume un significato basilare al fine di promuovere o meno lo
sviluppo positivo della seduta. Il Setting adeguato facilita il bambino e,
quindi anche il lavoro della terapista, un solo oggetto fuori luogo potrebbe
spostare l’attenzione del bambino e creare dei problemi durante la seduta.
Cercherò in questa ricerca di analizzare il Setting non solo
nei termini di “stanza” o di “spazio fisico”, ma nel significato più profondo
di “Spazio pensato dall’adulto per il bambino”, spazio fisico manipolabile dal
bambino e dal terapista secondo le esigenze del momento, spazio nel quale si
inserisce e si instaura la relazione. Essendo la relazione il motore principale
di un adeguato intervento, il Setting diviene una base fondamentale che
promuove il conseguimento dello scopo prefissato e, quindi, il benessere del
bambino.
Il Setting in terapia psicomotoria
“L’intervento psicomotorio, ponendo
il suo centro nell’azione del bambino e nello sviluppo delle sue capacità di
interazione con la realtà verso una progressiva affermazione di sé nel
gioco, pone una particolare attenzione nella creazione di uno spazio che
stimoli progressivamente lo sviluppo delle sue abilità: da quelle maggiormente
sensomotorie, della prima infanzia, a quelle gradualmente più rappresentative
ed astratte, proprie della seconda infanzia" [1].
Da questa prima definizione risulta chiaro come il
Setting in terapia psicomotoria assuma il significato di spazio tramite il
quale viene stimolato lo sviluppo di specifiche abilità. Ancor prima di questo
ruolo, però, il Setting deve essere pensato come il contesto entro il quale si
sviluppa la relazione terapeutica. E’ il contenitore all’interno del quale vi sono regole,
principi, modelli, che danno forma a quello specifico evento che mira al benessere
del bambino. Più tecnicamente, è un “significante strutturale”, ovvero la
matrice che dà senso alla situazione terapeutica, che la rende significante,
che la inserisce in una realtà con un fine e con dei mezzi funzionali.
Il
Setting è costituito sia da elementi astratti, come la personalità del
terapista, le regole implicite ed esplicite, sia da cose concrete, come la stanza,
il materiale, la tipologia e la quantità di giochi, tutto ciò che è tangibile e
visibile. Del Setting, quindi, fa parte quanto circoscrive e dà forma alla
terapia.
Il
Setting perciò si trova ad essere, nello stesso momento, un luogo fisico d’incontro,
fatto di materiali e tecniche psicomotorie, e un luogo che da spazio alla
conoscenza e al costruirsi di una relazione. Entrambe queste caratteristiche
sono parti integranti e inscindibili del concetto di Setting.
Nessun
percorso, che voglia fondarsi sul gioco spontaneo del bambino, sarebbe
possibile senza la definizione precisa di una cornice che strutturi la proposta
psicomotoria, definendo spazi, tempi, materiali e ruoli.
Il
percorso che segue si propone di analizzare le coordinate fondamentali per
creare questa cornice, all’interno della quale si andrà a sviluppare la
terapia.
1. Lo spazio: La stanza di psicomotricità
“Lo spazio nella stanza di terapia psicomotoria è uno spazio
‘pensato dall’adulto per il bambino’ ed è il primo grande segnale di attenzione
al suo desiderio”
[2].
Le
caratteristiche della stanza:
la stanza di
psicomotricità dovrebbe essere sufficientemente ampia ma non eccessivamente
dispersiva, in modo che il bambino abbia a disposizione uno spazio adeguato per
poter agire assieme al terapista, senza il rischio che si smarrisca il focus
della terapia.
La stanza deve
presentare degli accorgimenti quali: un pavimento in legno o in linoleum, per permettere
ai bambini di muoversi tranquillamente senza scarpe, e per avere una superficie
adatta ad un’attività motoria che, come noto, si svolge spesso a terra. Un
materiale di questo tipo, oltre a favorire il movimento, promuove anche momenti
più calmi e riflessivi, durante i quali il bambino si distende e cerca un
contatto ampio e prolungato con il suolo.
Deve essere naturalmente
garantita la massima sicurezza, per cui tutti i possibili spigoli devono essere
smussati o protetti, al fine di far percepire al bambino che si può muovere
agevolmente, senza paura di farsi male. Le condizioni di pulizia devono essere
ottimali, sia per quanto riguarda l’ambiente che il materiale.
Risulta molto
stimolante la presenza di uno specchio appeso alla parete, sul quale i bambini
possono osservarsi sia durante attività individuali che di gruppo. Vedere la
propria immagine riflessa è un’esperienza divertente e può facilitare
l’espressione e lo sviluppo del gioco psicomotorio, soprattutto se in stanza sono
presenti più bambini. D’altra parte sarebbe utile poter avere sempre a
disposizione un telo, tramite il quale coprire lo specchio. Per alcuni bambini
l’attrazione verso lo specchio e verso la propria immagine è particolarmente
intensa, tanto che tendono a “perdersi” nel riflesso e faticano poi a tornare
all’attività precedente.
Garantire una buona insonorizzazione
della stanza è importante per evitare che ciò che accade in sala riecheggi
all’esterno, disturbando le altre attività o facendo preoccupare inutilmente i
genitori, che sentono i molti rumori. Nello stesso tempo l’insonorizzazione
sarebbe utile per impedire che suoni e voci provenienti dall’esterno
interferiscano con il gioco del bambino che, attratto magari dalla voce del
genitore, potrebbe non riuscire a concentrarsi sul gioco o comunque lo potrebbe
interrompere.
Risulta, inoltre,
fondamentale mantenere una certa stabilità all’interno della stanza: questo
significa che il bambino nel tornare in stanza, ritroverà alcuni spazi e alcune
disposizioni sempre uguali a se stesse, che
gli permetteranno di riconoscere la stanza, di sentirla come sua, di
percepirsi in un luogo conosciuto che infonde sicurezza. Ciò non toglie che il
terapista possa apportare, ogni qualvolta lo ritenga necessario, delle
modifiche del materiale, posizionando in sala solo quello che trova più idoneo
per quel bambino, in quel momento, in quella seduta. L’elasticità, infatti, è
una caratteristica fondamentale da preservare nella strutturazione del Setting.
Generalmente
all’interno della stanza ci sono degli spazi predefiniti, che vengono
utilizzati a seconda dell’attività che si sta svolgendo in quel momento.
Possiamo descrivere uno spazio tripartito che comprende un’area dedicata al
gioco sensomotorio, una al gioco simbolico e un’altra per le attività di decentrazione.
-
Nell’area
sensomotoria verranno collocati i cubi, i materassi, gli scivoli e tutto ciò
che permette al bambino di sperimentare il piacere sensomotorio ed utilizzare
in libertà il suo corpo.
-
Nell’area
del gioco simbolico il materiale utilizzato sarà molto semplice e trasformabile
come i drappi, le corde i cuscini, in modo che il bambino possa utilizzare la
propria creatività e fantasia uscendo dalla dimensione reale e corporea tipica
del sensomotorio.
-
Infine
ci sarà un luogo dedicato alle attività finali di decentrazione, che incanalano
l’energia verso un’attività più calma e riflessiva, tramite la quale è
possibile rivivere le emozioni della seduta e interiorizzarle. E’ questo il
momento in cui i bambini si dedicano al disegno o alle costruzioni.
Anche questa
tripartizione dello spazio non deve essere eccessivamente rigida, tuttavia
l’individuazione di un luogo dedicato ad un’attività specifica aiuta il bambino
ad orientarsi nello spazio e ad avere una visione chiara della seduta e della
stanza. Sicuramente questa divisione (anche semplicemente mentale) dello spazio
dà stabilità al bambino e lo facilita nel rispetto delle regole e
nell’anticipazione di quello che verrà dopo.
2. Il tempo: durata della seduta
I tempi della seduta di
psicomotricità devono essere ben strutturati, sia per quanto riguarda la
frequenza degli incontri e la loro durata, sia per quanto riguarda il tempo
interno delle attività.
Le
sedute non devono capitare “a caso” perché il bambino deve avere il tempo di
aspettarle, desiderarle e in ogni caso di pensarle.
Risulta
importante, inoltre, spiegare al bambino che in quel giorno, in quel posto, in
quell’ora si svolge quel tipo di attività. Dare una costanza nel tempo alle
sedute, mantenendo ora e giorno sempre uguali, se possibile, aiuta il bambino a
scandire il tempo della settimana anche in base alle sedute di terapia.
La
durata della seduta deve essere contenuta tra i 45 e i 60 minuti e, una volta
stabilita, deve rimanere costante ed essere rispettata nel modo più preciso
possibile. Per aiutare il bambino a realizzare lo scorrere reale del tempo è
utile avere all’interno della seduta un orologio a muro, per indicare ogni
tanto al bambino quanto tempo è passato e quanto manca alla fine. Avvisare il
bambino e renderlo conscio dei tempi interni della seduta è importante: a volte
per i bambini è difficile uscire da un’attività particolarmente piacevole. Se
aiutati, anche visivamente attraverso l’uso dell’orologio, nella comprensione
di quanto tempo rimane, possono distaccarsi dall’attività con minor difficoltà
e, quindi, mantenere la serenità.
3. Il
materiale in psicomotricità
Riguardo
agli oggetti presenti nella stanza, dovrà essere limitata al massimo la loro funzionalità
prestabilita, perché le attività non siano indotte secondo la funzione
dell’oggetto. Se l’oggetto potesse essere usato solo secondo la sua funzione
specifica, ci sarebbero delle forti limitazioni della creatività e dell’espressività
più autentica del bambino e delle sue problematiche. Saranno, però, necessari
anche oggetti con specifiche funzioni, per perseguire obiettivi particolari;
pertanto la stanza sarà fornita di due classi di materiali:
· materiale non strutturato, posto
in evidenza ai lati delle pareti o distribuito per la stanza, a disposizione
per ogni tipo di caso da trattare;
· materiale strutturato per una specifica funzione, tenuto in
un armadio e accessibile, a discrezione del terapista, a seconda delle
necessità.
Il materiale che si trova generalmente nella stanza di
psicomotricità, infatti, è composto da oggetti semplici, facili da manipolare e
con un valore specifico poco evidente. I materiali divengono così utili
supporti per l’azione e il gioco, senza limitare o indirizzare la creatività
del bambino.
Il materiale non
strutturato comprende vari oggetti, tra i quali sono fondamentali i cuscini
e i materassi.
I materassi
di gommapiuma colorati sono materiali che fanno parte dell’arredo permanente
della sala di psicomotricità. Se ne possono aggiungere degli altri o meno
durante la seduta e non è necessario toglierli mai dalla stanza. Sono strumenti
indispensabili per permettere la libera espressione del bambino, soprattutto in
fase sensomotoria, e sono degli oggetti utili anche per la costruzione di un
gioco simbolico.
I teli
di diversi colori e misure sono oggetti che si prestano bene a qualsiasi tipo
di gioco ma, generalmente, vengono utilizzati in fase simbolica per la
sperimentazione dei vissuti regressivi affettivi o per realizzare qualsiasi
tipo di travestimento. Sono oggetti che stimolano molto anche lo stare insieme,
con l’assegnazione di ruoli diversi e lo sviluppo di storie, quindi favoriscono
la socializzazione.
Le palle e
le palline di plastica e di gommapiuma di varie dimensioni sono molto amate dai
bambini in quanto stimolano lo sviluppo del movimento e dell’azione. Allo
stesso tempo la palla può essere appoggiata al corpo, abbracciata, ricercando
vissuti corporei regressivi. Il gioco con le palle, inoltre, favorisce moltissimo
l’incontro con i coetanei, la socializzazione e la collaborazione.
Ci sono vari altri materiali che possono essere inseriti
nella stanza: cerchi, cubi di plastica, corde ecc… Gli oggetti che risultano meno
strutturati possibile sono per esempio la carta, il cartone, insieme alle
stoffe e alle corde. Spesso il materiale a disposizione non è molto, ma con la
carta o le stoffe nella loro semplicità si può realizzare una seduta molto
efficace.
Il materiale strutturato comprende, invece, quegli
oggetti che per caratteristiche naturali non possono essere eccessivamente
slegati dalla loro funzione di base, ma che sono appunto utili al fine di
raggiungere scopi prestabiliti.
Tra questi, i più utilizzati sono le costruzioni di legno, i
lego, i puzzle, gli strumenti musicali, i colori a dita o i pennarelli, le
bambole e i bambolotti. Spesso questi sono utilizzati nella fase finale della
seduta, ovvero nella decentrazione, in modo tale che il bambino incanali le energie
e le emozioni emerse in precedenza, e possa passare ad un’attività più
contenuta e che implichi la presenza e la vicinanza dell’adulto. Anche questi
materiali, comunque, stimolano la fantasia e la creatività del bambino: basti
pensare al disegno oppure alle costruzioni che possono dar vita ad infinite
combinazioni.
La gamma di materiali che possono essere portati all’interno
della stanza è infinita e dipende in gran parte dalla personalità del
terapista, dalle sue preferenze e abilità, dai suoi obiettivi e dai percorsi
che sceglie di intraprendere. Tutto può essere utilizzato e tutto può essere
utile: ogni cosa che viene inserita andrà a modificare e a costruire uno
specifico e personale Setting.
4. I
ruoli e le regole
Le regole della stanza: il
Setting deve essere dotato di poche, ma fondamentali regole, che definiscono
l’ambiente in cui ci si trova, con il rispetto sia per la situazione che per
chi vi partecipa. Con il progredire delle sedute, il bambino memorizzerà ed
interiorizzerà le regole, che gli garantiranno sicurezza, stabilità e che lo
guideranno nelle attività che verranno svolte all’interno della stanza. Per
favorire, infatti, la regolazione di un gioco che si basa sull’azione spontanea
del bambino, è necessario porre dei confini precisi, costruire un patto tra
adulto e bambino. Si dovrà dedicare un tempo preciso alla condivisione di
alcune regole essenziali, che verranno ricordate ed arricchite all’inizio di
ogni seduta, basandosi sulle esperienze e le eventuali problematiche degli
incontri precedenti. La regola unanimemente condivisa recita di non far male a
se stessi o agli altri, mentre le altre sono più personalizzate, a seconda
delle necessità.
Ruoli: è solo all’interno
di una cornice definita da spazio, tempo e regole che si sviluppa il gioco del
bambino. Lo psicomotricista ha un ruolo molto importante che, innanzitutto, è
quello di ascoltare e comprendere l’espressività psicomotoria del bambino. Lo
psicomotricista è un osservatore attento, è un partner simbolico fondamentale,
ma è anche un rispecchiamento, un appoggio, un confine. Il terapista si
trasforma a seconda delle situazioni, ma ha sempre in mente qual è l’obiettivo
e lo scopo da raggiungere insieme a quel bambino e, in modo particolare, in
quella precisa seduta. E’ molto importante che i ruoli siano chiari fin da
subito: il bambino impara a riconoscere il ruolo della terapista come figura
diversa da un genitore o da un insegnante. Questo gli permette di mettere in
atto dei comportamenti o di portare dei messaggi e dei desideri che in altri
luoghi rimarrebbero inascoltati.
Il Setting come luogo di incontro:
uno spazio in cui la relazione tra terapista e bambino diviene terapia
Perché si modifica il Setting? Perché in psicomotricità il
Setting subisce delle trasformazioni continue?
Come descritto in precedenza la modifica dell’ambiente ha il
duplice scopo di favorire l’obiettivo della terapia e di creare lo spazio più
adeguato per quel bambino. Quest’ultima affermazione ha radici nella
specificità d’intervento della relazione psicomotoria. Pur non perdendo di vista
l’obiettivo primario ovvero, migliorare
le capacità adattive del soggetto, l’intervento psicomotorio inizia con la
valorizzazione del potenziale positivo del bambino e non con il confronto
immediato con le sue difficoltà. Il punto di partenza è il presupposto che ogni
soggetto ha una propria sfera d’interesse e di creatività che porta gioia e
serenità. Per scoprire questo il terapista deve mettere in gioco la propria
creatività per creare un’intesa, una complicità con il bambino che ha in cura.
Ad esempio, saper individuare la tipologia senso-percettiva prevalente di
ciascun bambino è un elemento importante per raggiungere questa intesa: alcuni
bambini sono attratti dal suono, altri dai colori e dalle forme, altri dal
movimento del proprio corpo. La relazione psicomotoria si costituisce, quindi,
grazie alla continua attenzione sul proprio e sull’altrui linguaggio corporeo.
Questa capacità di attenzione e di osservazione specifica del
terapista, permette di poter individuare quali siano i materiali, gli spazi, i
tempi più adeguati per quel bambino. La modifica del Setting, a seconda di
queste esigenze, permette di partire dai punti di forza del soggetto per:
accoglierlo e accompagnarlo all’interno della terapia, per creare una giusta
relazione e per dare luogo a quello stato di fiducia e affidabilità che
determina in modo preponderante la buona riuscita dell’intervento.
Quindi è possibile affermare che lo “Spazio” è la prima forma
di comunicazione tra il terapista e il bambino: il terapista utilizza questa
forma di comunicazione non-verbale per trasmettere al bambino che l’ha
osservato, compreso e che è disponibile ad accogliere i suoi bisogni. Il
bambino, d’altra parte, con l’utilizzo
preponderante di un materiale o di uno spazio rispetto all’altro conferma
o meno le ipotesi formulate dal terapista, comunicando così nuovi bisogni o
desideri semplicemente muovendosi per la stanza.
Come
descritto in precedenza, il Setting può essere modificato secondo le necessità
che si presentano nel corso della terapia. La manipolazione dello spazio in
terapia, però, non riguarda né lo spazio astratto e geometrico né lo spazio
rappresentato, bensì lo spazio fisico vissuto, ossia lo spazio che il bambino
può trasformare e costruire, scegliere e proteggere, evitare o distruggere
secondo quello che è il suo bisogno in quel preciso momento. La struttura
particolare della stanza ha come scopo proprio quello di permettere al
bambino di far emergere tali “bisogni”. In questo spazio egli è proiettato in
una dimensione nuova in cui identificherà gradualmente un “dentro”
separato dal “fuori”, che è costituito dagli spazi familiari e sociali. In
questo modo viene a crearsi anche una separazione tra le modalità di relazione
del bambino “all’esterno” e quelle durante la seduta. Avendo a sua disposizione
uno spazio diverso, egli attiverà un processo di individuazione che gli
permetterà poi di agire diversamente anche nell’ambiente esterno.
A
rafforzare e facilitare tale processo interviene l’attenzione del terapista,
che è completamente rivolta al bambino, al fine di condurlo verso la scoperta
dello spazio terapeutico, questo mondo “dentro” insolitamente
strutturato: tutto è predisposto per lui, pensato perché sia per lui il più
agibile possibile, il più vicino alle sue esigenze. La limitata presenza di
oggetti strutturati suggerisce al bambino che non gli viene fatta alcuna
richiesta precisa. La sistemazione degli spazi e degli oggetti dichiara che
essi sono a sua disposizione, ma che in nessun modo gli sono imposti, e che sta
a lui decidere se utilizzarli o meno, e come.
L’intera struttura
della stanza, quindi, ha in sé i significati di fondo della relazione terapeutica: sicurezza,
tranquillità, possibilità; significati che spesso si contrappongono a quelli di
insicurezza o impossibilità che il bambino si porta nella stanza dal “fuori”.
In conclusione si può quindi affermare
che :il Setting non
è solo un luogo fisico, è anche un luogo mentale, emozionale e motivazionale.
E’ il luogo in cui è possibile l’unione tra il bisogno del paziente e
l’obiettivo del terapista. In esso, infatti, la relazione tra terapista e
bambino può divenire terapia.
Un Setting molto
particolare: la stanza Snoezelen
Ogni bambino è diverso, ogni bambino ha le proprie esigenze,
per ogni bambino è necessario un ambiente personalizzato. Per i bambini
particolarmente gravi, compromessi in più aree di sviluppo, non è sempre
semplice trovare un ambiente accogliente e nello stesso tempo funzionale al
benessere e alla terapia.
Il caso forse più particolare di Setting pensato e preparato
per questi piccoli pazienti è la stanza Snoezelen. Questa parola deriva dall’unione-contrazione di snoffelen
(annusare) e doezelen (sonnecchiare, lasciarsi
andare). Il progetto Snoezelen è nato in Olanda circa venti anni fa e si è
sviluppato poi in Inghilterra; le strutture francesi sono invece recenti. Nata
come proposta per bambini con handicap, insufficienze mentali, handicap motori
e mentali associati, la filosofia Snozelen si propone di partire da quello che
il bambino è, da quello che può fare, dal suo modo di vedere e di “gustare” il
mondo, con l’intento di camminare insieme a lui e aiutarlo a progredire. La
stanza è costituita da materiali di ogni genere per permettere una stimolazione
di tipo plurisensoriale:
·
Vista:
luci diffuse in movimento, proiettori, specchi
·
Udito:
musica rilassante, suoni della natura, canto
·
Olfatto:
essenza diffuse nell’ambiente, oli profumati
·
Propriocezione:
massaggio, coccole, contenimento.
Tutto il
materiale presente nella stanza permette al bambino di accedere ad esperienze
intense attraverso l’utilizzo dei propri sensi, gli consegue di comunicare e di
esprimere se stesso attraverso le manifestazioni di piacere o di dispiacere di
fronte ad uno stimolo.
La persona, da “oggetto” di cura
può divenire “soggetto”, perché attraverso le sue reazioni ci può comunicare al
terapista quello che gli piace e quello che non gli piace, quello che sopporta
e quello che non sopporta.
La stanza Snoezelen è quindi un
Setting: un Setting in cui è necessario introdurre materiale scelto e
calcolato, per creare un ambiente specifico e attento. Ma è la presenza di
un’altra persona ad essere di fondamentale importanza, è la presenza di una
persona con cui interagire e comunicare, con cui rapportarsi ed esprimersi. Nell’atmosfera che si crea e che aiuta l’incontro
e la comunicazione con persone non in grado di esprimersi altrimenti, il
linguaggio del corpo diventa il veicolo di informazione e comunicazione
principale, ed è proprio grazie ad esso che si può instaurare un rapporto
(terapeutico) tra terapista e bambino. Il rapporto porta ad una conoscenza più
profonda, la conoscenza più profonda porta ad una maggior comprensione di
bisogni e desideri. All’interno dello spazio
Snoezelen , come del resto al di fuori, non è tanto importante la presenza, ma
la qualità della presenza. E’ la relazione che determina in modo preponderante
la riuscita dell’intervento e il benessere del bambino, non semplicemente la
presenza del materiale.
Snoezelen
è quindi un mezzo che deve permettere di scoprire se esistono per il soggetto
delle possibilità, delle potenzialità che egli non può esprimere quando è nella
propria stanza o in ambienti, per così dire, convenzionali.
Quindi possiamo definire la Snoezelen come uno
spazio che si inserisce tra due persone, uno spazio che apre la possibilità di
un cambiamento. Lo spazio, come precedentemente argomentato, è una forma di
comunicazione non verbale molto importante, ed è attraverso di esso che anche
bambini con gravi disabilità possono esprimere qualcosa di se stessi.
Conclusione
A conclusione di questo breve percorso di ricerca si possono
trarre alcune importanti considerazioni.
Il Setting è la base, ed è fondamentale al conseguimento
della terapia. Non è possibile pensare di realizzare una seduta senza luogo
fisico d’incontro. Ogni dettaglio, ogni materiale acquista un ruolo importante:
arricchisce i momenti di significato, aiuta il terapista a raggiungere uno
scopo, stimola e motiva il bambino verso un interesse.
Ma perché tutto ciò abbia realmente senso sono indispensabili
due persone: il terapista ed il bambino. Una stanza piena di materiale e di
accorgimenti non ha alcun significato al di fuori della relazione che si viene
ad instaurare tra i protagonisti. Non esiste nessuna terapia, nessuna aiuto e
non esiste nessun Setting se non c’è un bambino che ha dei bisogni e una
terapista disponibile ad accoglierli e a comprenderli.
La terapia piscomotoria necessita quindi di uno spazio di
lavoro:
uno spazio fisico e materiale, uno spazio interno e astratto.
Uno spazio fisico di azione e di movimento, uno spazio interno di disponibilità
e di incontro profondo. La terapia ha bisogno di entrambi questi luoghi per
poter essere definita tale e, il Setting, non è altro che l’unione di questi
due spazi esterni ed interni all’individuo.
Bibliografia
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Vecchiato M., Il gioco psicomotorio. Psicomotricità
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Wille A.-M. – Ambrosini
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Cuzzolin, Napoli 2008.
Sitografia
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