Il Setting Terapeutico

Qui di seguito verrà pubblicata la mia ricerca sul Setting Terapeutico.

                 




Uno spazio per Noi
Il Setting terapeutico





Anno Accademico 2011-2012




INDICE

Introduzione                                                                                          
Il Setting in terapia psicomotoria                                                           
  1. Lo spazio: la stanza di psicomotricità                                       
  2. Il tempo: durata della seduta                                                      
  3. Il materiale in psicomotricità                                                
  4. I ruoli e le regole                                                                             
Il Setting come luogo di incontro                                                           
Un Setting molto particolare: la stanza Snoezelen                               
Conclusione                                                                                           
Bibliografia e sitografia                                                                      



Introduzione

La scelta di trattare questo argomento deriva dall’esperienza del tirocinio e dalla comprensione pratica di come il Setting sia fondamentale, al fine di raggiungere l’obiettivo della Terapia Psicomotoria. L’esperienza diretta mi ha permesso di analizzare con più precisione la stanza di terapia, non solo nella sua disposizione finale, ma in ogni fase di costruzione e preparazione. La cura, il tempo e il pensiero che sta dietro la distribuzione di ogni oggetto assume un significato basilare al fine di promuovere o meno lo sviluppo positivo della seduta. Il Setting adeguato facilita il bambino e, quindi anche il lavoro della terapista, un solo oggetto fuori luogo potrebbe spostare l’attenzione del bambino e creare dei problemi durante la seduta.
Cercherò in questa ricerca di analizzare il Setting non solo nei termini di “stanza” o di “spazio fisico”, ma nel significato più profondo di “Spazio pensato dall’adulto per il bambino”, spazio fisico manipolabile dal bambino e dal terapista secondo le esigenze del momento, spazio nel quale si inserisce e si instaura la relazione. Essendo la relazione il motore principale di un adeguato intervento, il Setting diviene una base fondamentale che promuove il conseguimento dello scopo prefissato e, quindi, il benessere del bambino.



Il Setting in terapia psicomotoria

L’intervento psicomotorio, ponendo il suo centro nell’azione del bambino e nello sviluppo delle sue capacità di interazione con la realtà verso una progressiva affermazione di sé nel gioco, pone una particolare attenzione nella creazione di uno spazio che stimoli progressivamente lo sviluppo delle sue abilità: da quelle maggiormente sensomotorie, della prima infanzia, a quelle gradualmente più rappresentative ed  astratte, proprie della seconda infanzia" [1].
Da questa prima definizione risulta chiaro come il Setting in terapia psicomotoria assuma il significato di spazio tramite il quale viene stimolato lo sviluppo di specifiche abilità. Ancor prima di questo ruolo, però, il Setting deve essere pensato come il contesto entro il quale si sviluppa la relazione terapeutica. E’ il contenitore all’interno del quale vi sono regole, principi, modelli, che danno forma a quello specifico evento che mira al benessere del bambino. Più tecnicamente, è un “significante strutturale”, ovvero la matrice che dà senso alla situazione terapeutica, che la rende significante, che la inserisce in una realtà con un fine e con dei mezzi funzionali.
Il Setting è costituito sia da elementi astratti, come la personalità del terapista, le regole implicite ed esplicite, sia da cose concrete, come la stanza, il materiale, la tipologia e la quantità di giochi, tutto ciò che è tangibile e visibile. Del Setting, quindi, fa parte quanto circoscrive e dà forma alla terapia.
Il Setting perciò si trova ad essere, nello stesso momento, un luogo fisico d’incontro, fatto di materiali e tecniche psicomotorie, e un luogo che da spazio alla conoscenza e al costruirsi di una relazione. Entrambe queste caratteristiche sono parti integranti e inscindibili del concetto di Setting.
Nessun percorso, che voglia fondarsi sul gioco spontaneo del bambino, sarebbe possibile senza la definizione precisa di una cornice che strutturi la proposta psicomotoria, definendo spazi, tempi, materiali e ruoli.
Il percorso che segue si propone di analizzare le coordinate fondamentali per creare questa cornice, all’interno della quale si andrà a sviluppare la terapia.

1.   Lo spazio: La stanza di psicomotricità

“Lo spazio nella stanza di terapia psicomotoria è uno spazio ‘pensato dall’adulto per il bambino’ ed è il primo grande segnale di attenzione al suo desiderio” [2].

Le caratteristiche della stanza:

la stanza di psicomotricità dovrebbe essere sufficientemente ampia ma non eccessivamente dispersiva, in modo che il bambino abbia a disposizione uno spazio adeguato per poter agire assieme al terapista, senza il rischio che si smarrisca il focus della terapia.
La stanza deve presentare degli accorgimenti quali: un pavimento in legno o in linoleum, per permettere ai bambini di muoversi tranquillamente senza scarpe, e per avere una superficie adatta ad un’attività motoria che, come noto, si svolge spesso a terra. Un materiale di questo tipo, oltre a favorire il movimento, promuove anche momenti più calmi e riflessivi, durante i quali il bambino si distende e cerca un contatto ampio e prolungato con il suolo.
Deve essere naturalmente garantita la massima sicurezza, per cui tutti i possibili spigoli devono essere smussati o protetti, al fine di far percepire al bambino che si può muovere agevolmente, senza paura di farsi male. Le condizioni di pulizia devono essere ottimali, sia per quanto riguarda l’ambiente che il materiale.
Risulta molto stimolante la presenza di uno specchio appeso alla parete, sul quale i bambini possono osservarsi sia durante attività individuali che di gruppo. Vedere la propria immagine riflessa è un’esperienza divertente e può facilitare l’espressione e lo sviluppo del gioco psicomotorio, soprattutto se in stanza sono presenti più bambini. D’altra parte sarebbe utile poter avere sempre a disposizione un telo, tramite il quale coprire lo specchio. Per alcuni bambini l’attrazione verso lo specchio e verso la propria immagine è particolarmente intensa, tanto che tendono a “perdersi” nel riflesso e faticano poi a tornare all’attività precedente.
Garantire una buona insonorizzazione della stanza è importante per evitare che ciò che accade in sala riecheggi all’esterno, disturbando le altre attività o facendo preoccupare inutilmente i genitori, che sentono i molti rumori. Nello stesso tempo l’insonorizzazione sarebbe utile per impedire che suoni e voci provenienti dall’esterno interferiscano con il gioco del bambino che, attratto magari dalla voce del genitore, potrebbe non riuscire a concentrarsi sul gioco o comunque lo potrebbe interrompere.
Risulta, inoltre, fondamentale mantenere una certa stabilità all’interno della stanza: questo significa che il bambino nel tornare in stanza, ritroverà alcuni spazi e alcune disposizioni sempre uguali a se stesse, che  gli permetteranno di riconoscere la stanza, di sentirla come sua, di percepirsi in un luogo conosciuto che infonde sicurezza. Ciò non toglie che il terapista possa apportare, ogni qualvolta lo ritenga necessario, delle modifiche del materiale, posizionando in sala solo quello che trova più idoneo per quel bambino, in quel momento, in quella seduta. L’elasticità, infatti, è una caratteristica fondamentale da preservare nella strutturazione del Setting.


Generalmente all’interno della stanza ci sono degli spazi predefiniti, che vengono utilizzati a seconda dell’attività che si sta svolgendo in quel momento. Possiamo descrivere uno spazio tripartito che comprende un’area dedicata al gioco sensomotorio, una al gioco simbolico e un’altra per le attività di decentrazione.

-       Nell’area sensomotoria verranno collocati i cubi, i materassi, gli scivoli e tutto ciò che permette al bambino di sperimentare il piacere sensomotorio ed utilizzare in libertà il suo corpo.
-       Nell’area del gioco simbolico il materiale utilizzato sarà molto semplice e trasformabile come i drappi, le corde i cuscini, in modo che il bambino possa utilizzare la propria creatività e fantasia uscendo dalla dimensione reale e corporea tipica del sensomotorio.
-       Infine ci sarà un luogo dedicato alle attività finali di decentrazione, che incanalano l’energia verso un’attività più calma e riflessiva, tramite la quale è possibile rivivere le emozioni della seduta e interiorizzarle. E’ questo il momento in cui i bambini si dedicano al disegno o alle costruzioni.

Anche questa tripartizione dello spazio non deve essere eccessivamente rigida, tuttavia l’individuazione di un luogo dedicato ad un’attività specifica aiuta il bambino ad orientarsi nello spazio e ad avere una visione chiara della seduta e della stanza. Sicuramente questa divisione (anche semplicemente mentale) dello spazio dà stabilità al bambino e lo facilita nel rispetto delle regole e nell’anticipazione di quello che verrà dopo.


2.   Il tempo: durata della seduta

I tempi della seduta di psicomotricità devono essere ben strutturati, sia per quanto riguarda la frequenza degli incontri e la loro durata, sia per quanto riguarda il tempo interno delle attività.
Le sedute non devono capitare “a caso” perché il bambino deve avere il tempo di aspettarle, desiderarle e in ogni caso di pensarle.
Risulta importante, inoltre, spiegare al bambino che in quel giorno, in quel posto, in quell’ora si svolge quel tipo di attività. Dare una costanza nel tempo alle sedute, mantenendo ora e giorno sempre uguali, se possibile, aiuta il bambino a scandire il tempo della settimana anche in base alle sedute di terapia.
La durata della seduta deve essere contenuta tra i 45 e i 60 minuti e, una volta stabilita, deve rimanere costante ed essere rispettata nel modo più preciso possibile. Per aiutare il bambino a realizzare lo scorrere reale del tempo è utile avere all’interno della seduta un orologio a muro, per indicare ogni tanto al bambino quanto tempo è passato e quanto manca alla fine. Avvisare il bambino e renderlo conscio dei tempi interni della seduta è importante: a volte per i bambini è difficile uscire da un’attività particolarmente piacevole. Se aiutati, anche visivamente attraverso l’uso dell’orologio, nella comprensione di quanto tempo rimane, possono distaccarsi dall’attività con minor difficoltà e, quindi, mantenere la serenità.


3.   Il materiale in psicomotricità

Riguardo agli oggetti presenti nella stanza, dovrà essere limitata al massimo la loro funzionalità prestabilita, perché le attività non siano indotte secondo la funzione dell’oggetto. Se l’oggetto potesse essere usato solo secondo la sua funzione specifica, ci sarebbero delle forti limitazioni della creatività e dell’espressività più autentica del bambino e delle sue problematiche. Saranno, però, necessari anche oggetti con specifiche funzioni, per perseguire obiettivi particolari; pertanto la stanza sarà fornita di due classi di materiali:
·       materiale non strutturato, posto in evidenza ai lati delle pareti o distribuito per la stanza, a disposizione per ogni tipo di caso da trattare;
·       materiale strutturato per una specifica funzione, tenuto in un armadio e accessibile, a discrezione del terapista, a seconda delle necessità.

Il materiale che si trova generalmente nella stanza di psicomotricità, infatti, è composto da oggetti semplici, facili da manipolare e con un valore specifico poco evidente. I materiali divengono così utili supporti per l’azione e il gioco, senza limitare o indirizzare la creatività del bambino.

Il materiale non strutturato comprende vari oggetti, tra i quali sono fondamentali i cuscini e i materassi.
I materassi di gommapiuma colorati sono materiali che fanno parte dell’arredo permanente della sala di psicomotricità. Se ne possono aggiungere degli altri o meno durante la seduta e non è necessario toglierli mai dalla stanza. Sono strumenti indispensabili per permettere la libera espressione del bambino, soprattutto in fase sensomotoria, e sono degli oggetti utili anche per la costruzione di un gioco simbolico.


I teli di diversi colori e misure sono oggetti che si prestano bene a qualsiasi tipo di gioco ma, generalmente, vengono utilizzati in fase simbolica per la sperimentazione dei vissuti regressivi affettivi o per realizzare qualsiasi tipo di travestimento. Sono oggetti che stimolano molto anche lo stare insieme, con l’assegnazione di ruoli diversi e lo sviluppo di storie, quindi favoriscono la socializzazione.
Le palle e le palline di plastica e di gommapiuma di varie dimensioni sono molto amate dai bambini in quanto stimolano lo sviluppo del movimento e dell’azione. Allo stesso tempo la palla può essere appoggiata al corpo, abbracciata, ricercando vissuti corporei regressivi. Il gioco con le palle, inoltre, favorisce moltissimo l’incontro con i coetanei, la socializzazione e la collaborazione.
Ci sono vari altri materiali che possono essere inseriti nella stanza: cerchi, cubi di plastica, corde ecc… Gli oggetti che risultano meno strutturati possibile sono per esempio la carta, il cartone, insieme alle stoffe e alle corde. Spesso il materiale a disposizione non è molto, ma con la carta o le stoffe nella loro semplicità si può realizzare una seduta molto efficace.

Il materiale strutturato comprende, invece, quegli oggetti che per caratteristiche naturali non possono essere eccessivamente slegati dalla loro funzione di base, ma che sono appunto utili al fine di raggiungere scopi prestabiliti.
Tra questi, i più utilizzati sono le costruzioni di legno, i lego, i puzzle, gli strumenti musicali, i colori a dita o i pennarelli, le bambole e i bambolotti. Spesso questi sono utilizzati nella fase finale della seduta, ovvero nella decentrazione, in modo tale che il bambino incanali le energie e le emozioni emerse in precedenza, e possa passare ad un’attività più contenuta e che implichi la presenza e la vicinanza dell’adulto. Anche questi materiali, comunque, stimolano la fantasia e la creatività del bambino: basti pensare al disegno oppure alle costruzioni che possono dar vita ad infinite combinazioni.

La gamma di materiali che possono essere portati all’interno della stanza è infinita e dipende in gran parte dalla personalità del terapista, dalle sue preferenze e abilità, dai suoi obiettivi e dai percorsi che sceglie di intraprendere. Tutto può essere utilizzato e tutto può essere utile: ogni cosa che viene inserita andrà a modificare e a costruire uno specifico e personale Setting.



4.   I ruoli e le regole

Le regole della stanza: il Setting deve essere dotato di poche, ma fondamentali regole, che definiscono l’ambiente in cui ci si trova, con il rispetto sia per la situazione che per chi vi partecipa. Con il progredire delle sedute, il bambino memorizzerà ed interiorizzerà le regole, che gli garantiranno sicurezza, stabilità e che lo guideranno nelle attività che verranno svolte all’interno della stanza. Per favorire, infatti, la regolazione di un gioco che si basa sull’azione spontanea del bambino, è necessario porre dei confini precisi, costruire un patto tra adulto e bambino. Si dovrà dedicare un tempo preciso alla condivisione di alcune regole essenziali, che verranno ricordate ed arricchite all’inizio di ogni seduta, basandosi sulle esperienze e le eventuali problematiche degli incontri precedenti. La regola unanimemente condivisa recita di non far male a se stessi o agli altri, mentre le altre sono più personalizzate, a seconda delle necessità.

Ruoli: è solo all’interno di una cornice definita da spazio, tempo e regole che si sviluppa il gioco del bambino. Lo psicomotricista ha un ruolo molto importante che, innanzitutto, è quello di ascoltare e comprendere l’espressività psicomotoria del bambino. Lo psicomotricista è un osservatore attento, è un partner simbolico fondamentale, ma è anche un rispecchiamento, un appoggio, un confine. Il terapista si trasforma a seconda delle situazioni, ma ha sempre in mente qual è l’obiettivo e lo scopo da raggiungere insieme a quel bambino e, in modo particolare, in quella precisa seduta. E’ molto importante che i ruoli siano chiari fin da subito: il bambino impara a riconoscere il ruolo della terapista come figura diversa da un genitore o da un insegnante. Questo gli permette di mettere in atto dei comportamenti o di portare dei messaggi e dei desideri che in altri luoghi rimarrebbero inascoltati.


Il Setting come luogo di incontro:
uno spazio in cui la relazione tra terapista e bambino diviene terapia

Perché si modifica il Setting? Perché in psicomotricità il Setting subisce delle trasformazioni continue?
Come descritto in precedenza la modifica dell’ambiente ha il duplice scopo di favorire l’obiettivo della terapia e di creare lo spazio più adeguato per quel bambino. Quest’ultima affermazione ha radici nella specificità d’intervento della relazione psicomotoria. Pur non perdendo di vista l’obiettivo primario ovvero,  migliorare le capacità adattive del soggetto, l’intervento psicomotorio inizia con la valorizzazione del potenziale positivo del bambino e non con il confronto immediato con le sue difficoltà. Il punto di partenza è il presupposto che ogni soggetto ha una propria sfera d’interesse e di creatività che porta gioia e serenità. Per scoprire questo il terapista deve mettere in gioco la propria creatività per creare un’intesa, una complicità con il bambino che ha in cura. Ad esempio, saper individuare la tipologia senso-percettiva prevalente di ciascun bambino è un elemento importante per raggiungere questa intesa: alcuni bambini sono attratti dal suono, altri dai colori e dalle forme, altri dal movimento del proprio corpo. La relazione psicomotoria si costituisce, quindi, grazie alla continua attenzione sul proprio e sull’altrui linguaggio corporeo.
Questa capacità di attenzione e di osservazione specifica del terapista, permette di poter individuare quali siano i materiali, gli spazi, i tempi più adeguati per quel bambino. La modifica del Setting, a seconda di queste esigenze, permette di partire dai punti di forza del soggetto per: accoglierlo e accompagnarlo all’interno della terapia, per creare una giusta relazione e per dare luogo a quello stato di fiducia e affidabilità che determina in modo preponderante la buona riuscita dell’intervento.
Quindi è possibile affermare che lo “Spazio” è la prima forma di comunicazione tra il terapista e il bambino: il terapista utilizza questa forma di comunicazione non-verbale per trasmettere al bambino che l’ha osservato, compreso e che è disponibile ad accogliere i suoi bisogni. Il bambino, d’altra parte, con l’utilizzo  preponderante di un materiale o di uno spazio rispetto all’altro conferma o meno le ipotesi formulate dal terapista, comunicando così nuovi bisogni o desideri semplicemente muovendosi per la stanza.
Come descritto in precedenza, il Setting può essere modificato secondo le necessità che si presentano nel corso della terapia. La manipolazione dello spazio in terapia, però, non riguarda né lo spazio astratto e geometrico né lo spazio rappresentato, bensì lo spazio fisico vissuto, ossia lo spazio che il bambino può trasformare e costruire, scegliere e proteggere, evitare o distruggere secondo quello che è il suo bisogno in quel preciso momento. La struttura particolare della stanza ha come scopo proprio quello di permettere al bambino di far emergere tali “bisogni”. In questo spazio egli è proiettato in una dimensione nuova in cui identificherà  gradualmente un “dentro” separato dal “fuori”, che è costituito dagli spazi familiari e sociali. In questo modo viene a crearsi anche una separazione tra le modalità di relazione del bambino “all’esterno” e quelle durante la seduta. Avendo a sua disposizione uno spazio diverso, egli attiverà un processo di individuazione che gli permetterà poi di agire diversamente anche nell’ambiente esterno.
A rafforzare e facilitare tale processo interviene l’attenzione del terapista, che è completamente rivolta al bambino, al fine di condurlo verso la scoperta dello spazio terapeutico, questo mondo “dentro” insolitamente strutturato: tutto è predisposto per lui, pensato perché sia per lui il più agibile possibile, il più vicino alle sue esigenze. La limitata presenza di oggetti strutturati suggerisce al bambino che non gli viene fatta alcuna richiesta precisa. La sistemazione degli spazi e degli oggetti dichiara che essi sono a sua disposizione, ma che in nessun modo gli sono imposti, e che sta a lui decidere se utilizzarli o meno, e come.
L’intera struttura della stanza, quindi, ha in sé i significati di fondo della relazione terapeutica: sicurezza, tranquillità, possibilità; significati che spesso si contrappongono a quelli di insicurezza o impossibilità che il bambino si porta nella stanza dal “fuori”.
In conclusione si può quindi affermare che :il Setting non è solo un luogo fisico, è anche un luogo mentale, emozionale e motivazionale. E’ il luogo in cui è possibile l’unione tra il bisogno del paziente e l’obiettivo del terapista. In esso, infatti, la relazione tra terapista e bambino può divenire terapia.


Un Setting molto particolare: la stanza Snoezelen

Ogni bambino è diverso, ogni bambino ha le proprie esigenze, per ogni bambino è necessario un ambiente personalizzato. Per i bambini particolarmente gravi, compromessi in più aree di sviluppo, non è sempre semplice trovare un ambiente accogliente e nello stesso tempo funzionale al benessere e alla terapia.
Il caso forse più particolare di Setting pensato e preparato per questi piccoli pazienti è la stanza Snoezelen. Questa parola deriva dall’unione-contrazione di snoffelen (annusare) e doezelen (sonnecchiare, lasciarsi andare). Il progetto Snoezelen è nato in Olanda circa venti anni fa e si è sviluppato poi in Inghilterra; le strutture francesi sono invece recenti. Nata come proposta per bambini con handicap, insufficienze mentali, handicap motori e mentali associati, la filosofia Snozelen si propone di partire da quello che il bambino è, da quello che può fare, dal suo modo di vedere e di “gustare” il mondo, con l’intento di camminare insieme a lui e aiutarlo a progredire. La stanza è costituita da materiali di ogni genere per permettere una stimolazione di tipo plurisensoriale:

·      Vista: luci diffuse in movimento, proiettori, specchi
·      Udito: musica rilassante, suoni della natura, canto
·      Olfatto: essenza diffuse nell’ambiente, oli profumati
·      Propriocezione: massaggio, coccole, contenimento.

Tutto il materiale presente nella stanza permette al bambino di accedere ad esperienze intense attraverso l’utilizzo dei propri sensi, gli consegue di comunicare e di esprimere se stesso attraverso le manifestazioni di piacere o di dispiacere di fronte ad uno stimolo.
La persona, da “oggetto” di cura può divenire “soggetto”, perché attraverso le sue reazioni ci può comunicare al terapista quello che gli piace e quello che non gli piace, quello che sopporta e quello che non sopporta.
La stanza Snoezelen è quindi un Setting: un Setting in cui è necessario introdurre materiale scelto e calcolato, per creare un ambiente specifico e attento. Ma è la presenza di un’altra persona ad essere di fondamentale importanza, è la presenza di una persona con cui interagire e comunicare, con cui rapportarsi ed esprimersi. Nell’atmosfera che si crea e che aiuta l’incontro e la comunicazione con persone non in grado di esprimersi altrimenti, il linguaggio del corpo diventa il veicolo di informazione e comunicazione principale, ed è proprio grazie ad esso che si può instaurare un rapporto (terapeutico) tra terapista e bambino. Il rapporto porta ad una conoscenza più profonda, la conoscenza più profonda porta ad una maggior comprensione di bisogni e desideri. All’interno dello spazio Snoezelen , come del resto al di fuori, non è tanto importante la presenza, ma la qualità della presenza. E’ la relazione che determina in modo preponderante la riuscita dell’intervento e il benessere del bambino, non semplicemente la presenza del materiale.
Snoezelen è quindi un mezzo che deve permettere di scoprire se esistono per il soggetto delle possibilità, delle potenzialità che egli non può esprimere quando è nella propria stanza o in ambienti, per così dire, convenzionali.
 Quindi possiamo definire la Snoezelen come uno spazio che si inserisce tra due persone, uno spazio che apre la possibilità di un cambiamento. Lo spazio, come precedentemente argomentato, è una forma di comunicazione non verbale molto importante, ed è attraverso di esso che anche bambini con gravi disabilità possono esprimere qualcosa di se stessi.


Conclusione

A conclusione di questo breve percorso di ricerca si possono trarre alcune importanti considerazioni.
Il Setting è la base, ed è fondamentale al conseguimento della terapia. Non è possibile pensare di realizzare una seduta senza luogo fisico d’incontro. Ogni dettaglio, ogni materiale acquista un ruolo importante: arricchisce i momenti di significato, aiuta il terapista a raggiungere uno scopo, stimola e motiva il bambino verso un interesse.
Ma perché tutto ciò abbia realmente senso sono indispensabili due persone: il terapista ed il bambino. Una stanza piena di materiale e di accorgimenti non ha alcun significato al di fuori della relazione che si viene ad instaurare tra i protagonisti. Non esiste nessuna terapia, nessuna aiuto e non esiste nessun Setting se non c’è un bambino che ha dei bisogni e una terapista disponibile ad accoglierli e a comprenderli.
La terapia piscomotoria necessita quindi di uno spazio di lavoro:
uno spazio fisico e materiale, uno spazio interno e astratto. Uno spazio fisico di azione e di movimento, uno spazio interno di disponibilità e di incontro profondo. La terapia ha bisogno di entrambi questi luoghi per poter essere definita tale e, il Setting, non è altro che l’unione di questi due spazi esterni ed interni all’individuo.


Bibliografia

Berti E. – Comunello F. – Savini P.,  Il contratto terapeutico in terapia psicomotoria. Dall’osservazione al progetto, Ed. junior, Parma 2011.

Formenti L., Psicomotricità a scuola. Promozione del benessere personale e relazionale, Ed. Erikson, Trento 2009.

Formenti L., Psicomotricità. Educazione e prevenzione, Ed. Erikson, Trento 2006.

Vecchiato M., Il gioco psicomotorio. Psicomotricità psicodinamica, Armando Ed., Roma 2007.

Vecchiato M., La terapia psicomotoria, Ed. Gnocchi, Napoli 1998.

Wille A.-M. – Ambrosini C.,  Manuale di terapia psicomotoria dell’età evolutiva, Ed. Cuzzolin, Napoli 2008.


Sitografia

·      http://www.ceripa.it/
·      http://www.anupi.it/
·      http://www.dipsi.eu/







[1] Cfr. Direttivo ANUPI - C. Boni, L. Formenti in http://www.anupi.it/.

[2] Cfr. http://www.psicomotricista.it/psicomotricita/lo_spazio.html.

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